Al ministero dell'Economia si continua a lavorare al decreto per modificare i parametri contestati dai giudici amministrativi, anche se i tempi si fanno molto stretti. L'obiettivo dichiarato è di cancellare il criterio altimetrico, che distingue esenti e paganti in base all'«altitudine al centro» del Comune in cui è collocato il terreno, con quello che aggancia la geografia della nuova base imponibile alla «classificazione sintetica» dell'Istat, che divide i Comuni in «montani» (3.516 in tutto, dove tutti i terreni sarebbero esentati), «parzialmente montani» (652; qui l'esenzione riguarderebbe solo i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali) e «non montani» (3.880; in questo caso pagherebbero tutti, come accade ora).
Alla politica, però, questa modifica non basta, e forse non sarebbe sufficiente nemmeno allo stesso Tar che, oltre al carattere «irragionevole» del criterio altimetrico ha contestato anche il ritardo nelle decisioni, che per i Comuni si sono tradotti in tagli (compensativi del maggior gettito stimato dall'Economia) ex post rispetto agli impegni di spesa già assunti. Guardando un po' agli amministratori locali e un po' ai contribuenti, vittime di un'incertezza che dura ormai da settimane, ieri è intervenuto direttamente il Partito democratico per chiedere al Governo di «accelerare» sul ripensamento dei parametri, mentre il Nuovo Centrodestra chiede di abolire del tutto l'imposta prevista fin da aprile dal decreto sul «bonus Irpef» (articolo 22 del Dl 66/2014) ma spuntata a sorpresa solo a fine anno con il regolamento attuativo.
Su una richiesta simile, che si scontra però con problemi di copertura (i 359 milioni chiesti ai terreni ex esenti sono già stati spesi l'anno scorso per finanziare una piccola parte del bonus Irpef), sono tornati ieri anche i sindaci, riuniti nel direttivo dell'Anci. Nell'agenda degli amministratori locali, che chiedono al Governo di riprendere il confronto su tutte le questioni di finanza locale aperte, l'Imu dei terreni è però solo una delle incognite che ancora circondano il quadro dei conti 2015. Tra le richieste più pressanti c'è quella di confermare per il 2015 il fondo Tasi da 625 milioni, che l'anno scorso ha aiutato 1.800 Comuni a chiudere i bilanci, la rimodulazione dei tagli alle Città metropolitane e la ripresa del «taglia-norme», che secondo le bozze governative poi non entrate nella manovra avrebbe dovuto sfoltire drasticamente le regole ordinamentali di dettaglio.