anche questa volta la data decisa dai magistrati amministrativi rischia di complicare ulteriormente la partita, perché il giudizio di merito sulle regole decise con l'ultimo decreto Imu (il Dl 4/2015 ora in discussione alla Camera) è fissato per il 17 giugno, cioè il giorno dopo la scadenza dell'acconto Imu 2015 del 16 giugno.Come nelle precedenti puntate, le incognite per la traballante normativa dell'Imu dei terreni ex montani arrivano dal Tar Lazio, che nell'ordinanza 3770/2015 ha deciso di non respingere il ricorso, presentato dall'Anci Lazio e da 38 Comuni, ma di andare a vedere le carte; per questo ha chiesto all'Istat di produrre una «dettagliata relazione» e di fissare l'udienza di merito al 17 giugno, data che era già stata "impegnata" per la decisione su alcune sospensive relative ai vecchi parametri, quelli superati proprio dal Dl 4/2015.
La «soluzione» individuata nell'ultimo provvedimento, ha sostenuto ieri il ministro dell'Agricoltura Maurizio Martina intervenendo a un'iniziativa organizzata a Firenze dalla Confederazione italiana agricoltori, «è stata la più equa possibile, perché garantisce una tutela a chi vive di agricoltura, cioé imprenditori e coltivatori diretti». Gli agricoltori non sono della stessa opinione, avendo ieri contestato al ministro che l'imposta «non tiene conto della capacità produttiva del terreno», e il dibattito continua a essere caldo all'interno della stessa maggioranza: l'ultimo appello contro l'Imu agricola ieri è arrivato da Michele Emiliano, segretario del Pd pugliese e candidato alla presidenza della Regione, che si è rivolto direttamente a Renzi chiedendo di «bloccare l'Imu agricola, tassa iniqua, sperequativa e con elementi di dubbia legittimità costituzionale». Senza arrivare alla Consulta, però, la nuova bordata può arrivare direttamente dai giudici del Lazio, gli stessi che a dicembre avevano di fatto affossato per «irragionevolezza» l'Imu altimetrica (basata cioè sull'«altitudine al centro» del Comune). Un'incognita non da poco, perché una bocciatura nel merito farebbe cadere anche i pagamenti ritardati del 2014, ai quali il decreto legge in conversione alla Camera dà tempo fino al 31 marzo.