Completano il pacchetto, contenuto negli emendamenti delle relatrici (Madga Zanoni del Pd e Federica Chiavaroli di Alleanza Popolare), una maggiore flessibilità per l'Iva agevolata al 2% per l'acqui sto di una nuova prima casa, che potrà scattare anche se non è stata prima ceduta quella vecchia a patto che la vendita arrivi entro un anno,e due miniampliamenti di sconti già previsti: le esenzioni per le cooperative edilizie saranno applicate anche alle case concesse a studenti universitari che siano soci assegnatari della coop, anche se non la loro residenza è altrove, mentre gli sconti per l'edilizia popolare si applicheranno anche alle aziende in house del settore per allinearsia tutte le situazioni locali. Questi due ultimi passaggi, comunque, sono pesi piuma dal punto di vista dei conti, perché valgono in tutto una decina di milioni di euro all'anno, mentre il cuore dei nuovi interventi è dedicato ad affitti concordati e case in comodato. Sul primo aspetto, che riguarda circa 400mila immobili concessi a canone calmierato nelle città «ad alta tensione abitativa», il correttivo promosso da Confediliziae accolto dalle relatriciè lineare, e prevede un tetto al 4 per mille per la somma di Imu e Tasi. In questo modo, i canoni concordati recuperano il vantaggio fiscale che era stato azzerato negli ultimi tre anni quando, con il passaggio dall'Ici all'Imu e la riduzione delle agevolazioni d'imposta sugli affitti, il conto a carico dei proprietari era cresciuto anche di dieci volte. Tra Imu/Tasi al 4 per mille e cedolare sugli affitti scesa al 10%, torna la convenienza fiscale che permette al proprietario di rinunciare al canone di mercato senza andare in perdita, e quindi torna la possibilità pratica di utilizzare uno strumento molto utile per le famiglie a basso reddito. Ancora più ampia è la platea di chi guarda alla manovra per capire la sorte fiscale delle case concesse in comodato, una condizione che secondo l'Istat riguarda l'8% degli italiani. Da questo punto di vista, però, le notizie non sono buone, perché la mano vra prevede l'esenzione per le case non di lusso (cioè fuori dalle solite categorie catastali A/1, A/8 e A/9) con contratto di comodato registrato, ma la lega a due condizioni che rischiano di escludere la stragrande maggioranza dei potenziali interessati: per evitare l'imposta, infatti, il «comodante», cioè chi concede l'immobile gratuitamente ai figli o ai genitori, deve aver utilizzato la casa in questione come abitazione principale nel 2015, e non deve possedere alcun altro immobile abitativo in tutta Italia. Oltre che per evitare costi eccessivi al bilancio pubblico, questi parametri nascono dall'esigenza di evitare un utilizzo elusivo del canone concordato, ad esempio per tenere le tasse lontane dalle seconde case al mare o in montagna concedendole sulla carta in comodato gratuito al figlio. Scritti così, però, i vincoli sembrano andare parecchio oltre, e finiscono per concedere l'esenzione soloa chi esce da casa propria per darla ai figli o ai genitori, e va ad abitare in affitto non potendo possedere «un altro immobile ad uso abitativo in Italia». Se il correttivo arriverà in questi termini fino alla Gazzetta Ufficiale, rischia di far cadere anche le agevolazioni fiscali finora concesse dai Comuni ai comodatari; le regole attuali, infatti, prevedono peri sindaci la possibilità di assimilare all'abitazione principale le case concesse in comodatoa figli e genitori purché l'Isee famigliare del comodatario non superii 15mila euro, oppure per le quote di rendita fino a 500 euro. Se l'esenzione varrà solo per le case utilizzate come abitazione principale dal comodante nel corso del 2015, l'ampia maggioranza dei comodati attuali torneràa pagare Imu e Tasi in formula piena, come una seconda casa qualsiasi