La proposta è arrivata ieri dal presidente del consiglio nazionale dell'Anci, Enzo Bianco, con l'obiettivo di sbloccare un empasse che senza un'accelerazione netta rischia di non trovare soluzione. L'associazione dei Comuni ha elaborato anche i contenuti della riforma, che secondo i sindaci dovrebbe imporre la gestione associata di tre funzioni fondamentali all'interno di bacini omogenei che gli stessi amministratori locali dovrebbero individuare sul territorio, con un potere sostitutivo della Regione che scatterebbe quando gli enti non «rispondono» in tempo. A condannare all'impotenza le regole scritte dal 2010 nel tentati vo di ridurre la spesa pubblica è stata del resto la griglia rigida, uguale per tutti, che hanno tentato di imporre: l'obbligo, scritto nel 2010 e poi incappato in una lunga catena di ritocchi e rinvii, imponeva ai Comuni fino a 5mila abitanti (3mila in montagna) di gestire in forma associata tutte le funzioni fondamentali, per bacini di almeno 10mila abitanti. Lo stesso governo è convinto che quella strada sia sbagliata: «Non è possibile tenere conto solo di dati demografici ha sottolineato il ministro degli Affari regionali Enrico Costa intervenuto ieri al seminario Anci di presentazione del disegno di legge ma bisogna considerare il quadro socioeconomico dei territorie arriveremo presto a una sintesi con la proposta». «La razionalizzazione gli ha fatto eco il sottosegretario all'Interno Gianpiero Bocci non è un tema di spending, ma serve a ottimizzare la gestionee rilanciare gli investimenti». L'obiettivo dei sindaci, ha spiegato del resto il vicepresidente Anci Matteo Ricci, sindaco di Pesaro, «nonè di difendere l'esistente, ma di rilanciare una proposta utile al Paesee urgente in questa fase di svuotamento delle Province». In fatto di piccoli Comuni, il titolare degli Affari regionali ha rilanciato l'ipotesi di rivedere il meccanismo del pareggio di bilancio quando gli abitanti sono meno di mille, in particolare per l'utilizzo degli avanzi di amministrazione, perché «ingessa troppo la gestione». Il punto è delicato, perché regole uguali per tutti dalle grandi città ai piccoli Comuni sollevano più di un problema applicativo, ma il pareggio è l'architrave per la tenuta della finan za locale e quindi le revisioni devono essere mirate e richiedono coperture. Per ora, il pareggio di bilancio «perde» le Province e, ma solo temporaneamente, le Regioni. La ragione è nel pacchetto di misure scritte nel decreto enti locali, il cui testoè in fase di limaturae potrebbe arrivare oggi in «Gazzetta Ufficiale», per tamponare l'emergenza degli enti di area vasta stoppando le sanzioni per Province e Città metropolitane che hanno sforato il Patto di stabilità 2015. Per Province, Cittàe Regioni salta anche l'obbligo di rispettare il pareggio a preventivo: nel caso delle Regioni, il motivo è tecnico, legato ai ritardi nei meccanismi dei trasferimenti statali (ora accelerati dal decreto) ed è destinato a risolversi nel corso dell'anno: per gli enti di area vasta, invece, è ancora da risolvere il nodo della distribuzione dei tagli 2016, che ieri è stato ancora rinviato dalla Conferenza StatoCittà.