Sono circa quaranta società che continueranno a rimanere in vita, almeno per dodici mesi, nonostante non ne abbiano i requisiti. L'ultima versione del decreto sul variegato mondo del capitalismo statale e locale, uno dei tasselli più importanti della riforma Madia della Pubblica amministrazione, contiene un elenco di società escluse dai futuri paletti. Sulla carta sono dieci: Coni Servizi, Expo, ArExpo, Invimit, l'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, Sogin, Gruppo Anas, Gruppo Gse, Gruppo Invitalia e Gruppo Eur. A queste vanno però aggiunte le aziende "satellite", ovvero che fanno parte dei quattro gruppi societari inseriti nell'elenco, e il numero cresce fino ad arrivare a quota 37. Seguono altre tre società , non presenti nell'allegato, che però non verranno chiuse perchè rispettano i criteri richiesti: Consip, che si occupa degli acquisti delle Pa, Consap, per i servizi assicurativi, e Sogei che svolge servizi informatici per le amministrazioni pubbliche. Circa 40 società insomma che verranno risparmiate dalla tagliola imposta dal governo. Il decreto dovrebbe ridurre da 8 mila a poco più di mille le società . In realtè , dire quante aziende pubbliche chiuderanno i battenti non è semplice. Secondo le stime che circolano tra i tecnici che hanno lavorato al testo, e tenendo conto delle diverse esclusioni, la saracinesca potrebbe calare, nel primo anno, su circa 4 mila società . GLI OBIETTIVI Secondo la versione approvata dalla Ragioneria dello Stato e dunque definitiva, le società in elenco saranno escluse solo dalla chiusura immediata. Rimangono in piedi gli altri paletti: varrà la regola generale dell'amministratore unico, che nella maggior parte dei casi sostituirè il classico Cda da tre o cinque membri. Rimarrè la limitazione della natura giuridica alle sole Spa e Srl e la vigilanza sul tetto agli stipendi dei vertici (che non potrè superare i 240 mila euro all' anno) affidata a un organo ad hoc del Tesoro. L'articolo 4 del testo, da cui saranno escluse temporaneamente le quaranta società , definisce una serie di settori entro cui operare per poter rimanere in vita. Si tratta in tutto di sei comparti: la progettazione e la realizzazione di un'opera pubblica, la gestione di un'opera pubblica, la gestione di un'opera in partenariato con un privato, l'autoproduzione di beni o servizi strumentali, i servizi di supporto a enti senza scopo di lucro e la produzione di un servizio di interesse generale. Tutto quello che è fuori da questi settori andrà ceduto o liquidato entro dodici mesi, aprendo di fatto la gestione dei servizi alle aziende private. Ma il futuro non sarà roseo neppure per le società che non chiuderanno. Il decreto introduce multe, da 50 mila a 500 mila euro, per le Pa che una volta all'anno non presenteranno il piano di razionalizzazione e di tagli delle loro aziende inutili. Quelle invece che per tre anni conseguitivi non presenteranno il bilancio potranno essere cancellate d'ufficio dal registro delle imprese.